La parola “mostarda” deriva dal latino “mustum ardens”, fa riferimento al mosto di vino reso ardente, piccante, dall’aggiunta di farina di grani di senape.
In Francia si sviluppò successivamente come “ moût ardent” (mosto che arde) , per poi diventare la mostarda che tutti noi oggi conosciamo.
La mostarda siciliana è un dolce, pur essendo senza zucchero , si mangia a fine pasto ed è di provenienza popolare, tipico delle famiglie di agricoltori che utilizzavano i grappoli dimenticati nelle vigne o gli acini caduti, in modo che nulla andasse sprecato. Un piatto quindi semplice e genuino, che richiama la cucina povera, dalle proprietà energizzanti, che piaceva e piace ancora a grandi e piccini!
La sua realizzazione prevede due step:
Nel primo si realizza il mosto cotto, che si può conservare anche per diversi mesi in luogo fresco.
Il secondo prevede la preparazione del “budino”, mescolandolo ad altri ingredienti, ovvero farina, cenere e mandorle tostate.
INGREDIENTI:
100 cl di mosto cotto
200 g di amido
chiodi di garofano
mandorle tritate
Procedimento:
– Per fare la Mostarda d’uva, dovete prima di tutto mescolare il mosto all’amido a freddo e poi filtrarlo con attenzione per evitare che si formino dei grumi.
– Dopo di che vanno aggiunti i chiodi di garofano e le mandorle.
– Mettete quindi tutto sui fornelli a fuoco lento e portate ad ebollizione.
Fate cuocere circa un’oretta a partire dal momento in cui l’acqua comincia a bollire.
La “mustata” ottenuta può essere consumata in giornata, oppure, se volete conservarla più a lungo, potete farla asciugare al sole e quando raggiunge il giusto grado di densità conservarla all’interno di bocce di vetro.
Testo e foto dal web.